MoptiI, Djennè, Segou… arrivederci Mali!

Mopti…la Venezia del Mali.
Mopti è una città composta da tre isole collegate da lagune che si formano con l’incontro dei fiumi Bani e Niger. È il centro più grande per lo smistamento delle merci  e passeggeri. È un grande mercato, si trovano montagne e montagne di pesce, lastre di sale proveniente dal Sahara e tanto altro.

Ci sono famiglie che vivono su piroghe spostandosi da un posto all’altro. Il fiume è una grande fonte di vita, sulla riva ci sono bambini che fanno il bagno, donne che lavano tegami e panni, uomini che raccolgono la sabbia, altri che lavano le macchine, più al largo i pescatori gettano le reti, è proprio un gran miscuglio di attività!
Qui si possono incontrare anche i famosi Tuareg, detti “uomini blu” perché indossano sempre il turbante di colore blu.
Djenné…è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, per la MoscheA più grande del mondo costruita in terra cruda “bancò”. E’ una cosa spettacolare, fiabesca, difficile da credere vera. Ogni anno dopo le grandi piogge viene ristrutturata, ovviamente!

Ogni ala della Moschea, che ne ha quattro, viene ristrutturata dai giovani delle quattro etnie presenti a Djenné, che fanno a gara per chi  finisce prima. Tutti e quattro i gruppi vengono premiati finendo con una grande festa per tutta la città.
Nella piazza della Moschea una volta alla settimana si svolge il più grande e conosciuto mercato del Sahel, che purtroppo non sono riuscita a vedere, anche se non mi sono fatta sfuggire un giro in un’altra piazzetta dove c’erano delle bancarelle con verdure, riso, carne locale e latte cagliato, così lo chiamano, che non è altro che latte appena munto e lasciato all’aperto, ai 40° della normale temperatura maliana!

Segou…qui ci siamo fermati solo una notte, per riposarci prima di riprendere la strada per Bamako e prendere l’aereo per l’Italia. Questa è una bella cittadina sul Niger, con tante bancarelle dove ci si può perdere negli acquisti dell’artigianato locale…cosa che ho fatto solo in parte!
Insomma, a parte il gran caldo, il mio viaggio in Mali è stato molto interessante.
Ho conosciuto un nuovo paese Africano pieno di storia e fascino. Ma, soprattutto, lo scopo, l’obbiettivo di questo viaggio, è stato raggiunto!

Alla prossima con un breve racconto da Haiti
Sandra


 

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L’affascinante mondo dei Dogon

Dopo Karangasso, il mio viaggio in Mali è proseguito per Sangha…paesi Dogon. Visitando questi villaggi non si può non  rimanere affascinati dal paesaggio e dalla cultura di questo popolo.

Un paesaggio roccioso, enormi pezzi massicci e  lastre di roccia rossa, avvolte anche nera, che si uniscono creando delle forme particolari che lasciano stupefatti.  Percorrendo il pendio roccioso, della famosa falesia, troviamo le case dei Tellem, costruite nelle fessure orizzontali della roccia, l’unico modo per arrivarci è arrampicarsi con delle corde. I Tallem sono stati sconfitti dai Dogon.

I Dogon hanno preso possesso della zona e si sono costruiti i villaggi ai piedi della falesia, ma mantenendo le case dei Tallem nella roccia, che utilizzano come depositi per il miglio o come luoghi di sepoltura.

Dall’alto della falesia è faticoso distinguere i villaggi ai piedi di questo monte roccioso, le case in terra sono un tutt’uno con quello che li circonda ma possiamo notare i tetti dei granai in paglia e a forma di cono, gli enormi Baobab e la piana di terra mista a sabbia rossa che ad un certo punto viene interrotta da una alta duna di sabbia e qualche albero che si estende per tutta la lunghezza della falesia.

Inoltrandoci all’interno dei villaggi abbiamo notato come la gente viva la vita di tutti i giorni mantenendo intatte cultura e usanze, senza avere avuto forti condizionamenti dal passaggio di turisti, ma approfittando di questi per farne una piccola fonte di reddito, chiedendo soldi per uno scatto fotografico ad esempio. I bambini oltre a chiedere una monetina chiedono un pallone, una biro…

Una cosa che mi è piaciuta molto, e che potrebbe servire tanto anche a noi occidentali, è la casa della parola, chiamata togu-nà, si trova in ogni villaggio. È un posto dove un comitato di soli uomini, presidiato dal capo villaggio, nonchè sacerdote chiamato Hogon, il quale ha un ruolo molto importante all’interno della comunità, si riunisce per discutere problemi e per prendere decisioni. La particolarità di questo luogo di incontro è la sua forma rettangolare con un tetto in paglia di miglio raggruppato in otto mazzi sorretto da otto pilastri in legno, scolpiti con figure di tartaruga, coccodrillo e il seno, quest’ultimo è rappresentato ovunque perché dopo Dio c’è il seno…questi sono simboli di vita per i Dogon. La struttura è molto bassa, ci si può stare solo da seduti, quindi è sconsigliabile arrabbiarsi e alzarsi di scatto perché si prenderebbe una gran botta in testa, quindi naturalmente punito, di conseguenza espulso dalla riunione e riammesso solo se si è chiesto scusa pubblicamente pagando anche una somma al comitato. Il numero otto lo si ritrova spesso nella vita dei Dogon, perché si dice che gli antenati scesi sulla terra erano otto, quattro uomini e quatto donne e da loro è nato tutto!

Le donne Dogon, non vanno in motorino come nella capitale, anzi! Quando sono nel periodo mestruale per cinque giorni si devono trasferire in una casa del villaggio, ideata solo per questo motivo, solo i bambini piccoli possono restare con loro. Queste donne sono delle coltivatrici di cipolle, che sembra essere l’unico prodotto commercializzato in grandi quantità, tanto da esportarlo. La cipolla viene essiccata al sole e ne fanno delle palline così si mantiene senza problemi, è stupefacente vedere come siano riuscite a coltivare in un ambiente così arrido e roccioso!

La settimana dei Dogon è composta da 5 giorni, giorni riconosciuti dallo svolgersi del mercato in  villaggi diversi. Nelle scuole la settimana è comunemente di sette giorni.

Riporto un trafiletto che ho letto sui Dogon, che mi è piaciuto molto….i Dogon vedono il mondo come una cosa unica dove convivono in armonia il mondo delle cose, degli animali e degli uomini; dove l’uomo non è il padrone assoluto ma un elemento che come gli altri partecipa al mondo.

L’ultima parte del viaggio ve la racconto la prossima volta!

A presto!

Sandra

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Il viaggio in Mali

Eccomi qui, sono rientrata dal Mali e finalmente riesco a raccontarvi un viaggio bello e positivo per l’esito che ha avuto la valutazione del nostro progetto.

Come scrivevo prima della mia partenza, la carenza d’acqua è un problema cruciale nel villaggio di Karangasso, come in tutto il Mali.

Ed è proprio per questo problema che lungo il nostro percorso attraversando diversi villaggi, che ho potuto anche visitare, ho notato un buon numero di pozzi, soprattutto artesiani e a pompa a mano, cosa che non ho notato in altri paesi dell’Africa.

Si, certo, ho visto un buon numero di pozzi ma non sono mai abbastanza per ridurre in modo decisivo il problema dell’acqua, in questi paesi africani e non solo.

Quando leggiamo che…uno scarico dello sciacquone della toilette in un paese occidentale impiega una quantità d’acqua equivalente a quella che, nel mondo in via di sviluppo, una persona media impiega per lavare, bere e cucinare nell’arco di una giornata… quali riflessioni fare?!

Non entro nello specifico tecnico del progetto e della sua organizzazione, dove tra l’altro tutta la popolazione è parte attiva, ma posso dire con grande entusiasmo che è stato deciso di finanziarlo!

Qualcuno mi disse che visto un Paese africano è come averli visti tutti. Per me non è proprio così, ognuno ha le sue usanze, cultura, paesaggio… forse la povertà è uguale ovunque! Comunque, ogni Paese africano visto e la sua gente, mi stupisce ogni volta, mi fa innamorare, mi fa arrabbiare e mi fa indignare.

Anche questo viaggio è stato così, pur avendo passato molto tempo in macchina.

Cerco di rendervi partecipe di ciò che ho visto raccontandovi l’itinerario del viaggio e le sue tappe.

Bamako. La capitale del Mali. Super caotica, centinaia di motorini che passavano ovunque fosse possibile, a destra e a sinistra, senza distinzione, d’altronde è cosa comune nelle grandi città. Ma la cosa che più mi ha stupito positivamente è che questi erano guidati anche dalle donne, di tutte le età, bellissime e con i loro coloratissimi vestiti, mai visto prima!

Karangasso. Si  lascia la strada principale, asfaltata, per una strada in terra. Dai cespugli escono una trentina, o forse di più, di bambini che ci  accolgono con applausi, sorrisi e schiamazzi, hanno percorso circa 3-5 kilometri che hanno ripercorso tornando al villaggio correndo dietro la nostra macchina, questa è una cosa tipica dei bambini africani.

A pochi metri dal villaggio gli adulti e il sindaco ci hanno accolto con musica e danze locali, abbiamo camminato con loro fino ad arrivare alla missione dove ci attendevano il capo villaggio, il gruppo di consiglieri e i membri del GdS.  Dopo i dovuti saluti, presentazioni, benedizioni e ringraziamenti, per aver risposto alla loro richiesta, ci hanno offerto dell’acqua. In realtà avrebbero dovuto offrirci della birra di miglio ma sanno che noi occidentali dobbiamo fare un po’ di attenzione a quello che ingeriamo… io l’avrei assaggiata volentieri e infatti non mi sono fatta sfuggire questa opportunità nella visita ai villaggi Dogon!

Passando da un villaggio all’altro abbiamo visto distese e distese di piante da mango, ovunque ci girassimo c’erano manghi. Ovviamente non mancavano mai sulla nostra tavola, buonissimi!

  

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In partenza..

Domenica parto per il Mali con il capo, l’ingegnere e un membro dell’associazione Granello di Senape. Lo scopo del viaggio è verificare la fattibilità ed eventualmente la realizzazione di un progetto, la costruzione di un barrage- diga, a sud est della capitale Bamako, nella regione di Sikasso,  nel villaggio  di Karangass. Qui  la mancanza d’acqua è un problema cruciale per circa sette – otto mesi all’anno.
Questa zona è  tra le più propizie per l’agricoltura, grazie alle notevoli piogge, nei quattro mesi da luglio a ottobre e proprio per questo motivo bisogna trovare un modo per trattenere l’acqua e fare si che gli agricoltori e gli allevatori non lascino la zona di residenza per cercare altri punti d’acqua, (sempre che ce ne  siano).
Una delle cose più belle di questo progetto è che la richiesta viene direttamente dalla popolazione. Gli abitanti sono coscienti dei limiti delle loro fonti di reddito, ma si dicono pronti a collaborare con la mano d’opera e a sensibilizzare tutto il villaggio alla responsabilità necessaria per il suo mantenimento. Speriamo che  ci siano  tutti i propositi e i presupposti per la realizzazione di questo barrage, sarebbe un obiettivo importante da raggiungere con l’aiuto di tutti per migliorare la vita di tutti.
Rientro il 30 maggio e vi racconterò come è andata.

A presto
Sandra

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L’importanza di un saluto sincero e la serenità di chi non ha nulla

…”Quando mi faccio i 3 km a piedi per andare ad Andohantanjona e mi sento chiamare,  manao ahoana Sandra!!!, è una gioia immensa, è un semplice buongiorno ma mi regala un’emozione bellissima.

Anche ad Ilanivato, un quartiere poco distante dal centro città, la gente mi saluta con un cenno di sorriso.  Il saluto è una cosa importante, perché è un po’ come sentirsi accettati, accolti, è l’inizio di un rapporto.

In questi posti le sensazioni sono davvero contrastanti. È piacevole avvertire la serenità della gente anche se turbata dalla povertà e dalla fatica di sopravvivere. Abbiamo molto da imparare…

Le case, sopratutto ad Ilanivato, non si possono chiamare tali, sono delle capanne, dei buchi. Concretamente sono stanze di 2 metri x 2,50 e ci abitano dalle 5 alle 10 persone. Dentro non c’è nulla se non un letto, qualche cesta o cartone che fanno da armadio, e in un angolo della stanza ci sono dei mattoni dove appoggiano la pentola per cucinare. Cucinando dentro la stanza le mura diventano nere come il carbone. Chissà, forse anche per questo la gente è abituata a vivere per strada!”

   

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Di “Mal d’Africa” ci si ammala e non si guarisce più

In attesa della mia prossima partenza per questa terra così magica e incredibilmente speciale, vorrei raccontarvi di come mi sono innamorata perdutamente di un Paese che mi ha colpito per sempre di quel “Mal d’Africa” leggendario a cui si crede solo quando se ne viene investiti in prima persona. Parlo del Madagascar, dove sto per tornare e dove sono stata pochi mesi fa vivendo un’esperienza che porterò sempre con me. È proprio qui che mi sono ammalata di “Mal d’Africa”… e non ne sono più guarita!

Torno indietro con la mente allo scorso autunno, era settembre… e questi erano gli appunti del mio diario di viaggio:

…“Ancora non parto e ho già nostalgia di questo posto, della gente con cui ho lavorato in questi mesi, delle famiglie che ho visitato e che ad ogni mio viaggio conosco sempre un po’ di più, dei bambini, che sempre di meno mi chiamano “vahasà”, il termine che identifica lo straniero. 
Quando sono ad Antanifiska, la gente mi saluta continuamente e i bambini, sul ciglio della strada sterrata, urlano il mio nome con voce squillante. Che emozione. Antanifisaka, ogni volta che vado, mi entra sempre di più nel cuore. Un villaggio rurale dove non c’è elettricità nè acqua corrente. 
Nel cortile di casa di Paul, durante il giorno, c’è un gran via vai di gente, qui si svolgono tutte le attività del nostro progetto, la mensa, le attività ludiche per i bambini, il dopo scuola, il corso di cucito, le riunioni… ma quando sono le 16, nel pomeriggio, ecco che arriva la quiete. 
Arriva il momento di assaporare tutto quello che c’è intorno. Il silenzio è rotto solo dai rumori della natura. Il vento soffia tra gli alberi della piccola pineta, i rumori degli animali e gli ultimi schiamazzi dei bambini si sentono in lontananza, ed è anche il momento per riempirsi gli occhi con il colore della terra rossa che è un tutt’uno con le case, e questo rosso si alterna con i colori dei campi e delle risaie”

        

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Children Aid Stories

Come è iniziato il mio viaggio nell’altro mondo.

Ciao a tutti, piccoli e grandi. Mi chiamo Sandra Pazzaglia, sono nata 43 anni fa… e sinceramente li dimostro tutti anche se ho la sensazione di essere ancora molto giovane per le cose che devo ancora imparare e conoscere, ma soprattutto per l’entusiasmo che ho quando mi impegno per gli altri. Ho deciso di raccontarvi la mia storia e quella di tanti incredibili bambini che vivono lontani da noi. Io sono originaria di Belforte all’Isauro, un paesino dell’entroterra pesarese. Alla tenera età di 14 anni mi sono trasferita, ma non me ne sono mai separata definitivamente, ho sempre trovato una “scusa” per tornare al casolare! Nel 2004 ho fatto il mio primo viaggio in Africa. Sono partita con l’associazione Granello di Senape, che conoscevo appena, per un’esperienza di un mese in Madagascar. Non avevo la più pallida idea di cosa mi aspettasse.
Quel viaggio mi ha “rigirato come un calzino”. 
Rientrata in Italia ho vissuto delle emozioni di gioia e di dolore senza controllo e senza spiegazione, avevo il così detto MAL D’AFRICA! Così, piano piano, ho iniziato a conoscere e a collaborare con l’associazione Granello di Senape, ma soprattutto ad organizzare la mia vita lavorativa in modo da potermi garantire almeno un viaggio all’anno in Africa. Nel 2007 avevo già visitato, per ben due volte, i progetti dell’associazione in Madagascar, Rwanda e Costa d’Avorio. 
E a fine 2007 ho preso la grande decisione, che stava maturando in me già da qualche tempo: partire nel 2008 per il progetto in Madagascar come Volontaria Internazionale per Granello di Senape. E’ stata un’ esperienza molto importante per tanti aspetti, positivi e negativi.
Al mio rientro in Italia nel dicembre del 2008, non sono tornata a fare la barista, il lavoro che svolgevo prima della mia partenza, pur avendo delle difficoltà a gestire la mia vita senza entrate sicure. Ero decisa e determinata a voler cercare un impegno lavorativo nell’ambito del Terzo Settore, per dare valore all’ anno trascorso in Madagascar, ma soprattutto perché volevo che la mia vita prendesse questa direzione definitivamente. Una strada che mi faceva sentire me stessa!
La povertà che ho vissuto in Africa mi ha profondamente cambiata e convinta che non potevo rimanere indifferente. Da qui la decisione, presa responsabilmente con gioia, di dedicarmi a quella realtà! Non è mai abbastanza quello che si fa, ma, come si dice, “tante piccole gocce diventano un oceano”!!!
E infatti questa scelta mi ha portato fortuna, perché mi ha fatto incontrare un amico di vecchia data, Gisfredo Moretti, noto imprenditore pesarese. Come accade ogni volta che ti perdi di vista, ci siamo raccontati gli anni passati lontani e abbiamo scoperto così di avere un grande interesse in comune: il volontariato. Per me è stata una grande opportunità rincontrarlo. Grazie a lui ho avuto la possibilità di realizzare il mio sogno, di conoscere altre associazioni con cui collaborava, di visitare tutti i progetti da lui sostenuti nel corso di tanti anni. Ne è nata una collaborazione felice e produttiva, che ci porta ogni giorno ad impegnarci per bimbi meno fortunati. Perché ci crediamo davvero e lavoriamo il più possibile per renderci utili e dare una mano.
Da qui nasce la mia storia e da qui inizia questo diario di viaggio nel mondo, perché possiate farne parte anche voi. 
A presto!
Sandra

 http://www.moretticompactforchildren.org/blog/wp-content/uploads/2013/06/04_maggio.jpg      

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